Glossario

  • Coltivazione biodinamica

    Ideata da Rudolf Steiner, la biodinamica ha una visione olistica e spirituale dell’agricoltura; si fonda su nove trattamenti di origine animale, vegetale o minerale spruzzati in dosi omeopatiche. Il suo obiettivo è quello di prevenire anziché di curare, di stimolare la vita microbica e il sistema immunitario delle piante, di migliorare la fertilità del terreno.

    I lavori vengono svolti assecondando i ritmi della natura, le stagioni e le fasi lunari.

  • Coltivazione biologica

    Un vigneto sano è figlio di un ecosistema sano: un terreno vitale, l’esposizione, il clima, il tipo di portinnesto e vitigno sono tutti fattori di cui tener conto. Per coltivare in modo biologico è dunque necessario che questi elementi siano in equilibrio, anche perché da essi dipende la ricchezza e la varietà di batteri e lieviti. L’agricoltura biologica usa fertilizzanti, compost e additivi di provenienza animale, vegetale o minerale per accrescere la salute del terreno e contribuire a rafforzare l’immunità delle piante e l’assorbimento di nutrienti; anche i pesticidi sono di origine naturale. Sono quindi escluse da questo tipo di approccio le sostanze chimiche sintetiche.

  • Coltivazione sostenibile

    Per coltivazione sostenibile si intende l’utilizzo di tecniche di lotta integrata, di fatto un approccio che abbatte l’utilizzo di fitofarmaci e dei trattamenti chimici in generale, a cui si ricorre solamente in casi eccezionali, quando il raccolto è seriamente a rischio. In tutti gli altri casi si usano soluzioni alternative naturali.

  • Degorgiatura (degorgement) o sboccatura

    Dopo la fermentazione in bottiglia eseguiamo manualmente la sboccatura per liberare il vino dal deposito feccioso che si crea in seguito al processo di affinamento sui lieviti. La bottiglia viene inserita capovolta in una vasca di raffreddamento affinché il deposito si concentri tutto sul collo. Dopodiché, si fa saltare il tappo a corona provvisorio e, con un rapido movimento del polso, si fa fuoriuscire una minima quantità di vino insieme ai residui. Infine, la bottiglia viene tappata ed etichettata.

  • Diraspatura

    Farla o non farla? Nel caso dei rossi e dei rosé è una decisione importante, che influenza sapore e tannini del vino in quanto i raspi aggiungono al vino una qualità aromatica speziata. In alcuni casi si ricorre alla diraspatura per ottenere un sapore più puro e netto. Invece di diraspare si può vinificare usando i grappoli intatti, rallentando così la fermentazione e ottenendo un vino dal colore meno intenso.

  • Fermentazione malolattica

    La parte più importante della vinificazione è la fermentazione, da cui nascono gli aromi che caratterizzano il vino. Il risultato della fermentazione spontanea dipende non solo dal numero e dalla diversità dei lieviti presenti nel mosto, ma anche dalla composizione chimica dell’uva e dalla tecnologia di produzione. Lasciata a sé stessa è un processo in due fasi nel quale la fermentazione alcolica a opera dei lieviti è seguita dalla fermentazione malolattica a opera dei batteri. Ed è da quest’ultima che nascono i vini naturali. I batteri dell’acido lattico (LAB) prendono piede dopo che i lieviti hanno terminato la fermentazione alcolica e innescano la fermentazione malolattica, durante la quale l’acido malico, naturalmente presente nel succo d’uva, è convertito in acido lattico. Al contrario, i produttori di vino convenzionale bloccano la fermentazione malolattica filtrando o uccidendo i LAB con i solfiti o con altri metodi.

  • Gestione delle fecce

    Lasciare il vino sulle fecce gli conferisce corpo e consistenza, nei vini privi di SO2 (anidride solforosa) protegge anche dall’ossidazione. È una tecnica usata nei vini macerati sulle bucce.

  • Imbottigliamento

    È necessario imbottigliare il succo a una densità specifica, ecco perché scegliere il momento giusto per imbottigliare un vino naturale non è facile. Passaggio fondamentale per la qualità del prodotto, l’imbottigliamento del vino naturale viene eseguito a mano e implica grande attenzione e tempismo. Basta un ritardo e l’effervescenza si appiattirà, mentre l’imbottigliamento precoce rischia di far esplodere tutto.

  • Lieviti

    I lieviti sono funghi invisibili presenti sull’uva e nell’habitat cantina, sono parte del terroir e variano ogni anno in base a fattori ambientali. Essi sono al centro dell’interazione biochimica con il mosto e sono i principali responsabili della fermentazione.

    La microflora delle uve varia con la varietà dell’uva, con la temperatura, la piovosità e altri fattori climatici; con il suolo, la fertilizzazione, l’irrigazione e le pratiche viticolturali; con la fase di sviluppo in cui le uve sono esaminate; con i danni fisici causati dalle muffe, dagli insetti e dagli uccelli e con i fungicidi utilizzati nel vigneto (Pretorius et al., 1999).

    Un’abbondante popolazione di lieviti è fondamentale per condurre a buon fine la fermentazione naturale e raggiungere una grande complessità di aromi. Le diverse popolazioni di lieviti hanno un ruolo preciso e agiscono in fasi differenti del processo fermentativo, ad esempio, la specie Saccharomyces cerevisiae, con la sua altissima variabilità di caratteri, conferisce individualità e un sapore più ricco.

  • Lieviti autoctoni

    La definizione di “lieviti autoctoni” si riferisce ai lieviti tipici del biotopo del vitigno, non sottoposti a tecniche di selezione o miglioramento, in quanto sono il frutto di una selezione naturale svolta da diversi fattori. La loro presenza è costante nel tempo e la loro attività contribuisce alla tipicità e alle caratteristiche dei vini prodotti in quel territorio. Il nostro vino nasce esclusivamente da lieviti autoctoni.

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